È dunque per una missione che siamo stati scelti

LARGO GEMELLI – Mercoledì 21 febbraio, presso l’Università Cattolica, i ragazzi del CLU hanno organizzato un incontro con Andrea Nembrini, preside della scuola “Don Luigi Giussani” di Kampala, Uganda, moderato dalla studentessa Beatrice Galeotto.

L’Uganda è un paese “incasinato”. La scrittura è arrivata a fine ottocento, le mogli vengono comprate dalle famiglie dei mariti e la superstizione è ancora molto radicata. “Litigo con tante mamme che, quando si ammalano i ragazzini, vanno dallo stregone. Non all’ospedale.” Esistono ancora i sacrifici umani: e i bambini, spesso, ne sono vittime.

“La scuola sorge all’inizio d’una baraccopoli che s’è formata durante la guerra civile quando gli aciòli, tribù originaria del nord, è migrata a sud.” Una guerra cruenta, combattuta a colpi di machete, bambini-soldato e atti di cannibalismo. “Sono queste le vere ferite che lascia un conflitto: le case si ricostruiscono, le ferite si rimarginano. Ma nella testa della gente, la violenza, diventa un modo di vivere.”

“Nelle scuole ugandesi c’è molta violenza: gl’insufficienti vengono ferocemente bastonati sulla schiena.” E Andrea fatica a trovare insegnanti che accettano la grande sfida di non bastonare: è un’opzione che in pochi contemplano.

Ma la violenza è soprattutto nelle famiglie, in cui raramente i bambini vivono con i genitori biologici. “Alcune matrigne sono meravigliose: aprono il cuore e danno tutto a questi bimbi adottati. Altre sono come le stronze delle fiabe: se il cibo è scarso, fanno mangiare solo i figli naturali. E se va male, c’è il patrigno che beve troppo e mena le mani.” I padri sono pochi, l’alcolismo è una piaga molto radicata. “La società della baraccopoli è tenuta su dalle donne.”

Ma perché, se non aveva lo spirito missionario, Andrea ha deciso di partire per questo inferno?

“Sono partito perché conoscevo la storia della Rose: se dentro l’inferno c’è qualcuno che ha uno sguardo come il suo, allora si può anche andare all’inferno.”

Rose Busingye[1], infermiera, anni fa si prende a cuore alcune donne malate di AIDS. Fa di tutto per procurare le medicine, ma queste donne le buttano per terra: la-nostra-vita-fa-schifo, le dicono, queste-medicine-non-le-vogliamo.

Va in crisi, e decide di andare a Milano per chiedere aiuto ad un amico di nome don Luigi Giussani. E in quei giorni passati con lui, “si rende conto d’aver ridotto quelle donne al loro problema, pensando che proporle una medicina fosse la soluzione.”

Don Luigi Giussani, già gravemente malato, con Rose Busingye

Rose capisce che il cuore dell’uomo ha un bisogno ch’è infinitamente più grande delle sue pillole. E allora, tornata in Uganda, comincia ad offrire a queste donne la sua compagnia, la sua amicizia. Va a trovarle a casa, gioca con i loro bambini, ripetendo in continuazione questa verità: “voi avete un valore infinito, voi valete di più della malattia che vi sta uccidendo. Voi siete più importanti anche della fatica che fate, che non avete chiesto ma che è arrivata. Siete anche più grandi del male che avete commesso.”

Sotto questo sguardo, si sono lasciate voler bene, hanno preso le medicine e sono diventate amiche fondando il Meeting Point, un posto dove si trovano tutte le settimane per confrontarsi, ballare e cantare. “La loro vita non è cambiata: hanno ancora l’AIDS, il marito violento, spaccano le pietre… ma quando chiedi perché non si vogliono più ammazzare, loro dicono: perché da quando la Rose ci ha fatto scoprire che siamo un valore infinito, la vita ha iniziato ad avere un senso.”

I loro figli, però, non sanno di essere amati, e ci vuole una scuola che glielo gridi. E queste donne, con le loro mani, iniziano a costruirla: spaccano più pietre del solito e confezionano 48.000 collanine per finanziarsi. “Un pugno di donne malate di AIDS fa il giro del mondo, e tramite AVSI abbiamo incontrato un sacco di amici che ci ha creduto, che ha desiderato condividere: e oggi sono nate queste due scuole.”

Le donne del Meeting Point mentre confezionano le collane da vendere per finanziare la scuola

A lavori ultimati, le donne hanno chiesto a Rose: come-si-chiamava-quell’uomo-che-ti-ha-insegnato-ad-amare-così? Don Luigi Giussani. E loro: perfetto, le nostre scuole si chiameranno così, perché saranno un luogo in cui i nostri figli verranno guardati con quello sguardo d’amore.

Una classe della primaria della “Don Luigi Giussani”

A conclusione dell’incontro, Beatrice Galeotto chiede ad Andrea cosa significa essere in missione.

“Stamattina ero con una mia amica, una mamma, gravemente malata: non può né muoversi, né parlare. E sta facendo un’esperienza di maternità incredibile, anche se non può abbracciare i suoi figli. Mi ha raccontato di quanto si sente preferita: da quella sedia, lei è molto più in missione di me. Se questa mia amica, in quelle condizioni, riesce a vivere questa certezza d’essere preferita, e che la sua vita in questo momento è per il bene del mondo intero, allora ti dico: la prima terra di missione è il mio cuore.”

Nella biografia del Servo di Dio Andrea Aziani[2], ad un certo punto c’è questa frase: “che qualcuno s’innamori di ciò che ha innamorato noi”. Ma perché sia così, noi dobbiamo bruciare, ardere, di passione per l’Uomo.

“La missione ha dentro questo ardere per l’Altro, ma prima devo bruciare di passione per me stesso, vivere quell’innamoramento che dice lui. Tutte le volte che sono stato in grado di essere missionario è stato il frutto d’un amore grande che vivo per la mia vita. Qualcuno deve andare in Africa, qualcun altro rimane in ufficio, altri inchiodati al letto tutta la vita, altri ancora studiando in università: questo è marginale.” Ma è sempre per una missione che siamo stati scelti.

La carezza di Papa Francesco a Rose durante l’udienza generale a Comunione e Liberazione del 15 ottobre 2022, in occasione del centenario dalla nascita di don Luigi Giussani

Alessandro Frosio


[1] La testimonianza di Rose Busingye è ampiamente documentata nella biografia “I vostri nomi sono scritti nei cieli” scritta da Davide Perillo. Rizzoli, edizioni Bur; agosto 2022.

[2] Andrea Aziani. Febbre di vita, a cura di Gianni Mereghetti e Gian Corrado Peluso. Itaca Edizioni, dicembre 2023.

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