Convertiamoci. E poi, rispondiamo

Francesco Brivio – studente di Medicina presso l’Università degli Studi di Milano – risponde all’articolo “Sveglia, cattolici!” pubblicato lunedì 26 giugno 2023 sull’impegno degli studenti cattolici nella società.

Ci sono due aspetti che mi colpiscono molto dell’articolo.

Il primo è l’affermazione dell’inscindibile legame tra fede e vita, tra fede e cultura. Infatti, se la nostra fede non ci porta a giudicare, pensare, amare, vivere, concepire ogni aspetto della nostra esistenza alla luce di Cristo, che fede è? Questo credo sia fondamentale da riconquistare continuamente, per non restare divisi tra i vari ambiti della vita. Anche San Paolo affermava questa inseparabilità: “Sia dunque che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio”.

Allo stesso tempo, come anche Alessandro dice, credo sia sempre essenziale darsi le ragioni delle opere che si intraprendono, se no diventa tutto un attivismo e si può facilmente rischiare di concepire l’impegno culturale e politico in università come un tentativo egemonico o di potere, piuttosto che di presenza autentica. E poi si rischierebbe di intendere male quello che effettivamente è il cristianesimo, che non è una cultura anzitutto, ma il fatto di Dio fatto uomo, presente “tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. Un Avvenimento dunque totalizzante.

Il secondo aspetto che mi ha molto colpito è l’invito ad aprirci a tutti e non avere timore a confessare con fermezza e passione la fede e i giudizi, anche se non “alla moda”, che nascono dall’incontro con Cristo. Molte volte abbiamo quasi pudore a dire apertamente certe cose credendo di dare scandalo e mi chiedevo: quale è l’origine di questo pudore nel dire ciò in cui credo, in cui crediamo?

Credo che l’origine sia innanzitutto, più che una questione culturale esterna, una mancanza di fede da parte nostra. Infatti, se avessimo sempre davanti agli occhi la consapevolezza che Cristo è tutto e che in Lui vi è la pienezza della gioia e della vita, che timore potremmo avere a testimoniarlo? Come si può avere paura di dire la notizia più bella della storia del mondo: “Dio è diventato un uomo, tutto ha un senso, non siamo più soli”? Per questo condivido pienamente la necessità della mia, della nostra profonda conversione.

Per concludere volevo fare due sottolineature che ritengo necessarie. La prima riguardante strettamente il Movimento di CL.

Credo che ci sia il rischio di interpretare la parte dell’articolo: “Morto don Giussani e caduto Formigoni…” come un discredito di tutto quello che nel Movimento è stato fatto dopo la morte del suo fondatore. Consultandomi con l’autore dell’articolo mi sono accertato che è assente ogni intenzione di accusa nelle sue parole.

Credo che bisogna essere infinitamente grati verso coloro che hanno sostenuto e guidato il Movimento anche dopo la morte di don Giussani, con tutte le difficoltà e le problematiche emerse. E credo che nulla è più grave nella Chiesa che le divisioni o la mormorazione degli uni contro gli altri. È necessario correggersi sì, e con forza ove necessario, ma sempre con grande carità e misericordia. È necessario perdonarsi scambievolmente gli errori commessi e soprattutto ricercare assieme la verità.

La seconda sottolineatura, che forse è più un augurio, è che le parole di Alessandro possano essere per tutti noi una scossa e una rinnovata occasione di riscoprire la natura di quello che ci è accaduto, la natura dell’incontro cristiano, per potere rispondere personalmente alla domanda che Cristo fece ai suoi amici: “E voi, chi dite che io sia?”.

E da qui auguro che io e tutti noi possiamo sempre più riscoprire il nostro compito nella storia degli uomini. E abitare con maggiore consapevolezza e pieni di “inquietudine missionaria” i luoghi dove gli uomini soffrono e sperano, come l’Università.

San Giovanni Paolo II diceva in un suo noto discorso: “Oggi così spesso l’uomo non sa cosa si porta dentro, nel profondo del suo animo, del suo cuore. Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra. È invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione. Permettete, quindi – vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia – permettete a Cristo di parlare all’uomo. Solo lui ha parole di vita, sì! Di vita eterna”.

Quanta solitudine abita in molti cuori! Sono certo che molti aspettano solo quell’incontro che noi abbiamo già fatto. Forse, per alcuni, questo incontro deciderà di tutta la vita. Forse, per altri, sarà l’incontro che gli farà capire che vale davvero la pena vivere.

Un grande uomo, Andrea Aziani, morto in missione più di dieci anni fa scriveva ad un amico: “Che qualcuno si innamori di ciò che ha innamorato noi! Ma perché sia così, noi dobbiamo bruciare, letteralmente ardere di passione per l’uomo, perché Cristo lo raggiunga”. Auguro a tutti noi di vivere per non meno di questo.

Ma si può abitare così la storia, carichi di questo infinito senso di gratitudine per la Grazia che ci ha afferrato, e allo stesso tempo pieni del senso di responsabilità nel comunicare quello che abbiamo ricevuto immeritatamente?

Concordo proprio con Alessandro: Convertiamoci. E poi, rispondiamo.

Francesco Brivio

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